Resistenza è simbolo di unità del popolo italiano. Le radici della Repubblica, il nostro impianto costituzionale, riportano alla memoria il sacrificio di quanti combatterono per l’indipendenza e la libertà dell’Italia, contro l’occupazione nazista appoggiata dagli irriducibili del fascismo.
Stamane a Leonessa (Ri) la commemorazione dei 51 martiri dell’eccidio del “Venerdì Santo” – l’operazione fu denominata dai comandi tedeschi “Uovo di Pasqua” – ha visto la comunità convergere nella unanime riproposizione del pubblico cordoglio. È un episodio incoraggiante, anche perché suffragato dalla presenza congiunta del sindaco Gianluca Gizzi (Pd) e dell’ex sindaco Paolo Trancassini (FdI), deputato molto vicino alla premier Giorgia Meloni.
Idealmente siamo tutti con Leonessa. Per questo abbiamo desiderio e volontà di proiettare un’immagine di “fratellanza civile” sui festeggiamenti del 25 aprile, data che fu scelta da De Gasperi per celebrare la rinascita democratica del Paese. Negare il valore della Resistenza o legarlo al falso mito della “Resistenza rossa” costituisce un doppio errore, da cui proteggersi in questo tempo di radicalismi.
La Resistenza incarna il nostro secondo Risorgimento, specie per i cattolici che nell’Ottocento, dal moto popolare che portò all’unificazione nazionale, furono storicamente esclusi. Queste radici, forti e profonde, alimentano dunque l’albero della Repubblica.