Mi sono sforzato di apprezzare il gesto di Renzi, ma non ci sono riuscito. Forse farà crescere a breve le quotazioni de “Il Riformista”, per un certo trascinamento pubblicitario indotto dalla notizia. Tuttavia, l’idea che un politico si metta a fare il direttore di un giornale, intrecciando le logiche di due ‘mestieri’ che si specchiano e si confrontano, non mi pare convincente. “Io non lascio ma raddoppio”, ha detto Renzi. Per poi aggiungere in conferenza stampa: “Continuerò a fare il mio lavoro da parlamentare ma ci metto sopra il carico di un’esperienza, per tentare di fare un’operazione che serve al Paese”.
Ecco, questo carico appare a dir poco un sovraccarico, poiché produce confusione. La stampa è il luogo in cui si misura il rapporto tra pubblica opinione e politica, la distinzione è dunque necessaria per garantire l’autonomia di entrambi questi mondi. Non è solo una questione di galateo.
Si dirà che abbiamo avuto esempi di bravi giornalisti passati alla politica. Spadolini dal Corriere della Sera arrivò a Palazzo Chigi passando per l’incarico di segretario del Partito repubblicano. Ebbene, si è trattato in effetti di un passaggio da un ruolo a un altro, non di una commistione l’uno e l’altro. Ora Renzi, all’opposto, si proclama libero di calzare due cappelli immaginando, per giunta, di rendere un servizio al Paese.
Se penso alla ‘perturbazione’ che determina la consolidata prassi televisiva per la quale la politica (nazionale e internazionale) appartiene nel talk show ai giornalisti, annebbiando così le figure di parlamentari e uomini di governo, spesso chiamati a far “da materassi” nei botta e risposta più burrascosi; ecco, se penso a questo spettacolo così poco entusiasmante, allora considero ancor più infelice la soluzione di giocare da politico – e Renzi è certamente politico autorevole – anche la partita di giornalista.
In ogni caso…auguro buon lavoro.