Ha fatto molto bene come ministro dell’Ambiente del governo Draghi. Si è pure disposto, con garbo e misura, a mettere al servizio del nuovo Governo la sua competenza di tecnico. Lo ha fatto in questi pochi mesi, per garantire una gestione ordinata della transizione ministeriale, seguendo alcuni delicati dossier europei. Ora ritiene di aver esaurito il suo compito.
Roberto Cingolani merita un grande plauso per questo suo stile nell’adempiere alle responsabilità che le circostanze della politica gli hanno confezionato addosso. Per altro, a dimostrazione che lo stile è anche (e soprattutto) sostanza, non ha mai circondato l’azione da ministro di un’aureola sacrale, come spesso avviene per i cosiddetti “esperti”. Anche il linguaggio è rimasto sobrio, non da iniziati della materia. Non è una cosa da poco.
Ieri sera, a “Quarta Repubblica”, ha colpito il modo con il quale ha spiegato il confronto in atto a Bruxelles sulla questione della transizione alle autovetture a emissione zero. Finalmente ha chiarito che l’alternativa all’elettrico non vede l’Italia fuori dai giochi: la Germania può mettere in campo la tecnologia dei carburanti e-fuel, secondo gli accordi raggiunti negli ultimi giorni, ma l’Italia è adesso in condizione di far valere nel corso di sviluppo successivi il suo programma nel campo dei bio-carburanti.
In pratica si è posto fine al dogma che la neutralità climatica si debba ottenere esclusivamente con il ricorso alle batterie elettriche, quando invece è possibile agire dal lato di carburanti di nuova generazione in grado di garantire gli stessi risultati. Questo è ciò che conta. Abbiamo dalla nostra l’esperienza e le potenzialità dell’Eni, grande azienda partecipata dallo Stato, che solo un certo ideologismo di ambientalisti radicali bolla con il marchio di azienda portatrice d’interessi privati.
L’invito di Cingolani a leggere bene le carte e a cogliere la novità della svolta europea s’inscrive nella logica di una visione razionale e responsabile della politica, tanto lontana dal malmostoso reagire della maggioranza, sempre condizionata dal suo anti europeismo di base, quanto dal poco convincente polemizzare, quasi gioendo delle difficoltà incontrate dall’Italia in questa fase delle trattative sull’elettrici, cui d’abbandono la parte più “a sinistra” dell’opposizione. Il metodo di Cingolani è quello giusto, per questo va ringraziato. I tecnici, come si vede, possono aiutare a correggere – stavolta sì radicalmente – gli effetti di una politica malata di populismo e demagogia.