Abbiamo contribuito in questi ultimi anni a rendere più nitida l’immagine drammatica dell’agguato di Via Fani. Non ci siamo accontentati dei racconti dei brigatisti, né della verità consolidata a seguito di indagini e processi. L’ultima Commissione bicamerale dedicata al “Caso Moro”, di cui ho avuto l’onore di presiedere i lavori fino al voto unanime delle Camere sulle tre relazioni  presentate dalla commissione, ha introdotto nuovi elementi di conoscenza, portando più avanti l’accertamento della verità.

Dobbiamo fare in modo che la memoria non sia offuscata dalla nebbia dell’assuefazione al dramma consumato 45 anni fa. Lo dobbiamo ai martiri di Via Fani – i tre agenti di polizia Francesco Zizzi, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino, e i due carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci – che con il loro sacrificio hanno reso onore alle istituzioni e alla democrazia del nostro Paese. Questo ricordo vale, per giunta, come solenne conferma della volontà del popolo italiano di non cedere alla cinica equidistanza di chi all’epoca faceva sfoggio dello slogan “né con lo Stato, né con le Br”.

Ci sono momenti in cui si deve stare da una parte, senza tentennamenti e ambiguità. La politica si nutre di mediazione e intransigenza, perché non sempre è possibile accedere alla logica  del compromesso e viceversa non sempre è possibile irrigidirsi su questioni divisive. Oggi, nel fare memoria della strage brigatista, siamo indotti a sottolineare il motivo che rende obbligatorio, in alcune circostanze, tenere alta la bandiera degli ideali a tutti i costi. Nonostante il buio generato dall’attacco terroristico – ancora non  sappiamo con quali connivenze e coperture – la Repubblica ha resistito, la democrazia ha saputo reagire, la politica ha dato prova di grande responsabilità.

Occorre far tesoro di questa pagina di storia, ancora viva nella memoria di tanti italiani.