Galli della Loggia non ha tutti i torti. L’editoriale di oggi sul “Corriere della Sera” pone una questione a riguardo della tripla cittadinanza (italiana, svizzera e statunitense) di Elly Schlein. In effetti, si tratta di una novità che impone di inqudrare un dubbio non da poco. Cosa potrà avvenire in futuro, se gli elettori si troveranno a decidere sul possibile ruolo di governo della neo-segretaria del Pd? Chi voteranno, se la sua cittadinanza è multipla?
Le primarie, a sinistra, si fondano su un presupposto preciso. L’idea era e rimane quella di legare la scelta del (o della) leader di partito alla figura stessa del candidato alla premiership del Paese. Il Pd ne ha fatto una bandiera fin dall’inizio. Quindi, a meno di rovesci e inconvenienti, anche Elly Schlein muove i suoi primi passi lungo un sentiero che la porta in prospettiva a mettersi in gioco per Palazzo Chigi. Non è una questione all’ordine del giorno, ma nemmeno può essere considerata fuori luogo.
È qui scatta, appunto, l’interrogativo di Galli della Loggia: ” «Sta bene» – si domanda – che una persona in una tale condizione oltre che cittadina italiana sia anche cittadina svizzera e americana? Cioè da un lato dell’unico o quasi Paese europeo che non fa parte dell’Unione e dall’altro di un Paese come gli Usa con il quale è inutile sottolineare la complessità dei rapporti che intratteniamo sia come italiani che come europei? «Sta bene», ancora, che un giorno, mettiamo, i governanti di Berna o di Washington incontrandola possano chiedersi se l’italiana che si trovano davanti abbia votato per loro o per i loro avversari?”.
Mi si perdonerà se sono schietto e diretto: a mio parere, non sta bene. Il Pd non è più il mio partito – l’ho lasciato con disappunto e sofferenza, proprio a causa della elezione di Elly Schlein alla segreteria, dopo aver contribuito in anni lontani alla sua formazione – ma la questione sollevata da Galli della Loggia interessa tutti, non solo gli amici del Nazareno. Anche questo è un pasticcio o, se vogliamo usare il termine del nostro autorevole corsivista il “paradosso” che ci propone il Pd. In verità non è l’unico, di paradossi ce ne sono diversi e meriterebbero tutti grande attenzione, anche dentro casa del Pd.