Fioroni, com’è andata l’Assemblea del Pd?
Non me ne sono occupato. Chi guarda indietro finisce come statua di sale, sta scritto nella Bibbia. Comunque, l’entusiasmo è quello di sempre: scelto il capo, tutti fanno festa. Ma quanto dura, questa festa? È un’Assemblea dove contano molto, ancora, le correnti che Elly Schlein vorrebbe rottamare: non usa questo verbo, ma senza dubbio, attaccando i capibastone, fa il verso al primo Renzi.
In ogni caso, sembra cambiato il clima, c’è aria di novità.
Si coglie indubbiamente lo sforzo di comunicazione, per trasmettere l’idea di questa novità. Eppure, dietro le quinte, l’attività negoziale delle vecchie correnti non è venuta meno. Anzi, anche le Sardine si sono fatte corrente. Al tempo stesso, tutti quelli che a Roma tramano contro Gualtieri sono stati portati in Direzione nazionale. Giochi pericolosi!
Tuttavia, a un osservatore finanche poco attento salta agli occhi che non si vedono più i Franco Marini che tenevano banco in nome della tradizione democristiana. Il Pd ha cambiato pelle?
Totalmente. L’ho detto e lo ripeto, è un altro Pd rispetto a quello che abbiamo fondato quindici anni fa. Della lezione di Marini non rimane nulla, salvo qualche citazione di rito. Oggi il Pd si rappresenta come un partito che vive della dialettica tra due sinistre: quella più radicale, emergente con la Schlein, è quella riformista, decisamente sotto rappresentata dalla leadership di Bonaccini. In Francia questa stessa dialettica ha portato alla scomparsa del Partito socialista. Da Parigi a Bologna, il dibattito segue la medesima traiettoria: la visione neo-radicale manda in pezzi la figura popolare del riformismo.
Dunque, i cattolici sono spariti nel Pd?
Qualcuno resiste, non so se per convinzione o per combinazione…D’altronde, sperare contro ogni speranza è proprio della coscienza cristiana. Sui temi etici però le differenze sono abissali. Achille Ardigò, un intellettuale cattolico che ha onorato l’esperienza della sinistra dc, in un tempo di evidente declino del comunismo se ne uscì con una profezia adattabile al presente: “L’ultimo marxista – disse – sarà un prete”.
La Schlein, malgrado le accuse di radicalismo, si è detta pronta a dialogare con tutti. Anche con i neo-centristi. Non è un’apertura?
Mi si conceda una battuta: dialogare con tutti può significare non dialogare con nessuno. In realtà il Pd della Schlein suona la tromba dell’integralismo. Sono molto scettico, anche il dialogo con i 5 Stelle può finire prima di iniziare. La Schlein è divisiva.
È un’analisi, la sua, che vede nero all’orizzonte del centro-sinistra.
Tutto cambia. Non a caso il “centro” è visto di nuovo come elemento vitale e decisivo del confronto democratico. Tra Schlein e la Meloni c’è un mondo, davvero molto vasto, in cerca di rappresentanza. Un tempo la Dc, che Moro pensava in termini di partito socialmente avanzato, copriva in gran parte lo spazio dell’elettorato refrattario tanto alla “rivoluzione”, quanto alla “reazione”. Qualcosa di simile riappare all’orizzonte della politica odierna.
È il discorso del Terzo polo…
Fino a un certo punto: bene il proposito – un nuovo “centro” – meno bene l’approccio politico. Non si tratta di guadagnare una postazione di sussistenza, quindi fatalmente residuale, tra destra e sinistra. No, l’ambizione deve essere quella di rovesciare gli equilibri attuali facendo del “centro” il vero perno, anche per raccolta di consensi, della vita democratica italiana. Ecco perché ho chiesto agli amici disposti a lavorare attorno a questa idea di usare “Tempi Nuovi” come semplice formula identificativa della nostra Piattaforma Popolare.
E…nei “tempi nuovi” qual è l’orizzonte delle future alleanze?
Se il “centro” avrà consenso, e quindi si potrà far valere la sua forza, le alleanze si faranno su basi meno costrittive di quanto preveda ed esiga l’odierno bipolarismo. Per adesso concentriamoci sul “chi siamo”, poi vedremo con chi andare, sebbene rispettando sempre i valori della nostra storia.
Ha discusso con Calenda e Renzi di queste cose?
No, non è così urgente. La mia preoccupazione è ridare voce – qui la differenza con il cosiddetto Terzo polo è marcata – all’Italia che ha incisa nella sua memoria la preziosa testimonianza del cattolicesimo politico. Pensiamo a Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni, amico di De Gasperi e La Pira: è stato l’inventore di un modello più giusto di sfruttamento delle fonti energetiche, sicché il governo stesso, nel proporsi sulla scena internazionale in funzione del dialogo con i Paesi produttori di petrolio e gas, non può che appellarsi a un nuovo “Piano Mattei”. Si recupera un pilastro della politica estera democristiana. Ecco, vuoi o non vuoi i cattolici impegnati in politica hanno accompagnato il Paese lungo la strada del progresso. Credo sia lecito riproporre questo spirito costruttivo, aggiornando lessico e contenuti di un programma per l’Italia.